martedì 26 maggio 2015

TEMPERA ALL'UOVO

https://youtu.be/Sjxs_76jpIE

CENNI STORICI

I primi esempi di tempera all'uovo risalgono al periodo bizantino, in prevalenza nella pittura delle icone, ma il suo massimo uso si ebbe nel Rinascimento, anche se la pittura a tempera dei quattrocentisti non era sempre  ad uovo puro. Infatti molti pittori di quel periodo tendevano a mescolare olii, essenze e vernici ottenendo così una specie di emulsione.
Icona russa

 Nel "Il libro dell'arte" di Cennini è possibile trovare le ricette per una buona tempera all'uovo. Scopriamo così che si facevano mescolanze di colori con olio, ma che questo era un lavoro molto faticoso. Fino a qualche decennio fa si pensava che fosse stato Van Eych a introdurre la pittura ad olio in Europa ma ciò non è corretto perchè l'uso dell'olio era già acquisito da secoli, tanto che ne scrissero addirittura anche Plinio e Vitruvio e successivamente nel Medio Evo Teofilo. La tempera che aveva caratterizzato la pittura italiana del Rinascimento, fu lentamente soppiantata dalla cosiddetta pittura ad olio, benchè molti quadri della fine del '400, classificati nei musei come pitture ad olio, siano nei fatti delle emulsioni a base d'uovo, rifinite con velature a vernice ed olio.
S. Martini, "L'annunciazione"
Il Cennini spiega che ci sono due maniere di fare la tempera, una migliore dell'altra. La prima consiste nel battere il tuorlo d'uovo con le mozzature dei rami di fico. Il liquido che fuoriesce dai giovani ramoscelli tagliati va mescolato al tuorlo d'uovo in quanto ritarda l'essiccazione dei colori sulla tavolozza, favorendo la coagulazione e la conservazione dell'uovo, pare inoltre che abbia un'azione antisettica. Il secondo metodo indicato dal Cennini per fare la tempera è quello di mescolare il solo rosso d'uovo con i colori, e questa tempera è per l'autore buona per dipingere su qualsiasi superficie: muro, tavola o ferro. La tempera all'uovo verrà poi abbandonata per essere ripresa nell'ottocento come ad esempio Fontanesi che usò una pittura base di tuorlo e gomma arabica. Con questa tempera Fontanesi abbozzava i dipinti che poi ultimava a olio, la sua ricetta fu utilizzata in epoca successiva dal pittore Carlo Carrà che ce l'ha tramandata. Hanno inoltre lavorato con la tempera all'uovo ed emulsioni famosi artisti come: Boecklin, De Chirico, Annigoni e molti altri.

PROCEDIMENTO
 
IIn base ai criteri tecnici degli antichi, oggi molti pittori seguono questa ricetta:
- 1 tuorli di uova fresche
- 1 "mezzi gusci" di aceto
- 25 g acqua
Il rosso d'uovo e l'acqua vengono sbattuti, si aggiunge poi l'aceto per migliorare la conservazione e infine si mescola il tuttom con i colori
Materiali utilizzati per la tempera all'uovo
(precedentemente mescolati con sola acqua e ridotti in pasta densa) mettendo tanta pasta di colore e tanta emulsione d'uovo.
La tempera all'uovo è differente dalle tempere moderne perché la pennellata non mai completamente coprente e quindi si lavora per sovrapposizione di velature di colore o per tratteggio. E' una delle tecniche più difficili però ha anche il vantaggio che - a lavoro ultimato - risulta più pittorica rispetto alle tempere tradizionali che rimangono comunque più grafiche e fredde.


venerdì 22 maggio 2015

L'AFFRESCO

https://youtu.be/CECXsbKCmRQ
CENNI STORICI

I primi esempi di pittura su intonaco risalgono  al periodo mesopotamico, egizio e cretese, ma solo più tardi, quando negli intonaci cominciò ad essere mescolata la calce, ebbe inizio il vero e proprio procedimento di pittura “ a fresco”.
Nella pittura murale egiziana gli intonaci erano a base di gesso e argilla a cui veniva aggiunta la paglia. I colori erano legati a gomme (tempere) e quindi molto sensibili. Tuttavia nelle tarde pitture murali egiziane, mesopotamiche e cretesi si trovano già intonaci  a base di sabbia e calce in cui i colori sono stati inglobati attraverso il processo di carbonatazione, reazione chimica tipica della tecnica “ a fresco”.

Pittura murale egizia
Del periodo greco purtroppo non è rimasto molto da poter analizzare ma negli scritti di Plinio e Vitruvio troviamo indicazioni di procedimenti molto vicini alla tecnica ad affresco. I Romani siamo invece sicuri che già impiegavano la pittura su intonaco umido infatti i dipinti murali di Pompei sono veri e propri affreschi con ritocchi eseguiti a secco poi protetti da una particolare vernice a base di cera. 




Pittura murale pompeiana
Arriviamo così all’Alto Medioevo dove la pittura
 ad affresco si afferma maggiormente.
Naturalmente la tecnica ad affresco ha subito nei secoli diverse modificazioni. La pittura murale in generale, infatti, segue sempre la pittura da cavalletto; quindi, se nel Trecento la pittura mobile veniva fatta su tavole di legno liscissime, levigate pertanto anche l’affresco presentava una superficie levigata. Nel Seicento la tela dei quadri diventa più ruvida per poter meglio ricevere la pennellata che si fa più pastosa e così anche l’affresco diventa più ruvido….


Abbazia di Vezzolano (AT)



PROCEDIMENTO

L’affresco è l’unica tecnica pittorica che non si avvale di un legante ma i colori sono solo stemperati  con l’acqua. Il pigmento in questo caso viene fissato attraverso una reazione chimica (carbonatazione) tra la calce umida dell’intonaco e l’anidride carbonica dell’aria ; il colore viene così inglobato nello strato di carbonato. Da qui la caratteristica lucentezza e resistenza  dell’affresco. Per far sì che ciò avvenga è però necessario che l’intonaco sia umido.
Per eseguire un affresco il supporto, cioè il muro deve essere pulito e privo di umidità. Sul muro viene steso un primo strato di intonaco (arriccio) a base di calce spenta da almeno un anno e e sabbia grossolana di fiume. Una volta asciutto su questo, nel Trecento veniva eseguita la sinopia un disegno sommario fatto con la terra di Sinope – da qui il nome-.  Sull’arriccio successivamente vine steso un altro strato di intonaco sempre a base di calce e sabbia ma fine. Su questo strato ancora umido si può iniziare a dipingere o stendere uno strato di calce e polvere di marmo (intonachino). Il disegno può essere riportato con il cartone o lo spolvero. 

                                                                                             Una volta trasportato il disegno si inizia a dipingere
stemperando i pigmenti con acqua.  La tavolozza dell’affreschista è molto limitata poiché molti colori non resistono la causticità della calce; i pigmenti più compatibili sono le terre naturali.
      

 

LA DORATURA

https://youtu.be/lbAnFoGwVl4

CENNI STORICI

La doratura è stata utilizzata come tecnica artistica, fin dai tempi per decorare dipinti, mobili, statue e cornici. I primi esempi di doratura si possono far risalire alle antiche civiltà Egiziane e Cinesi. A testimoniare che gli Egizi fossero degli abiliti doratori rimangono delle pitture parietali in cui sono raffigurati artigiani che seguono tutte le fasi relative all’estrazione dell’oro e alla sua laminazione. Le prime foglie furono trovate nella tomba di Tutankamon e anche se molto spesse questa è la prova dell’esistenza del primo “battiloro.





Maschera funebre di Tutankamon

I materiali pittorici nel periodo romano erano influenzati dagli scambi politico-culturali avvenuti tra i greci, etruschi ed egizi. Il gusto per gli oggetti dorati si diffuse a Roma soprattutto dopo la caduta di Cartagine. Gli antichi Romani usarono tutte le tenciche di doratura: “in foglia”, “ a mercurio” e “a tempera”. Nei secoli del Cristianesimo si cominciò a dipingere su supporti lignei (tavole) raffiguranti immagini sacre che venivano impreziosite e decorate con foglia d’oro. Nella tradizione Bizantina- ortodossa queste pitture sacre su tavola presero il nome di ICONE. Il carattere religioso delle icone portò alla standardizzazione dei personaggi sacri, l’icona diventa la rappresentazione visibile dell’invisibile e l’oro di fondo diventa l’emblema della stessa sostanza di Dio. 
In queste opere l’oro ha un ruolo fondamentale in quanto diventa simbolo della luce divina, perciò non veniva mai utilizzato l’oro finto ma sempre oro zecchino.

Icona russa


PROCEDIMENTO


La doratura viene fatta essenzialmente in due modi:
-          A BOLO O “GUAZZO”
-          A MISSIONE

Foglia d'oro

La doratura a guazzo viene impiegata soprattutto su superfici estese mentre quella a missione è consigliata per superfici piccole e decorate.
La doratura “a guazzo” consiste far aderire  con una colla animale le folgie d’oro su uno strato di argilla untuosa al tatto detta bolo. 

Applicazione della foglia d'oro su bolo rosso

Una volta applicata la foglia questa viene “brunita” ovvero lucidata con una pietra d’agata. La brunitura però si può solo fare su foglia di oro zecchino e non su oro falso.

Brunitura con la pietra d'agata

Nella tecnica “ a missione” invece, sulla superficie da impreziosire viene stesa una mestica sintetica o costituita da olio di lino, resina e pigmneto essicante che ha la funzione di colla. Quando questa colla comincia a far presa si appoggia la foglia d’oro. In questo caso non è possibile eseguire la pratica della brunitura.